Piccola posta | Steno (1955)

Progetto Sordi

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Nello stesso anno de La signora omicidi, anche Alberto Sordi “tocca le vecchiette”. In Piccola posta, però, le nonnine non sono insospettabili criminali ma vittime di un laido giovane che gestisce una casa di riposo con l’obiettivo di uccidere le anziani degenti per spillarne i patrimoni. Un ruolo che solo un genio come Sordi poteva rendere in una commedia solo nelle intenzioni davvero nera, tesaurizzando il cinismo e la crudeltà della sua stucchevole maschera infida.

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E, diciamolo pure, veicolando un gusto camp del tutto imprevisto, pari a certi caratteri chiaramente omosessuali non riconciliati che capitolavano qua e là, dall’Enrico Luzi marito petulante quanto inquietante di Tre storie proibite ai molti figli di mammà come l’Enzo Garinei di Domenica è sempre domenica. Di questo gruppetto di maschi trentenni repressi e insolenti Sordi è stato capofila assoluto, con quel compagnuccio della parrocchietta di cui Rodolfo Vanzino, il personaggio di Piccola posta, è ipotetica evoluzione tra l’arte di arrangiarsi e la cattiveria cattolica.

Del film restano nella memoria gli sketch con le signore dell’ospizio, chiusi una scatola comicamente claustrofobica che porta quasi alle porte della parodia il cattivo gusto del domestico gozzaniano alla luce di Arsenico e vecchi merletti. Ma si farebbe un torto alla gigantesca Franca Valeri, la sua partner migliore, vera protagonista nel ruolo della magnifica cialtrona Lady Eva all’anagrafe Filomena Cangiullo, alla quale è però dedicato il primo tempo.

Piccola posta, infatti, è suddiviso in due parti: nella prima, entriamo nel quotidiano della donna, che risponde alle lettere della fortunata posta del cuore di una rivista spacciandosi per una contessa esule polacca; nella seconda, seguiamo le vicende di una vecchia riccona finita nella casa di riposo su consiglio di Lady Eva, in seguito ad un patto stipulato con Vanzino (!) con l’intento di spartirsi i soldi della futura morta.

Struttura narrativa apparentemente funzionale all’utilizzo delle star in campo (l’altra è Peppino De Filippo, vigile urbano la cui moglie è fedele lettrice della posta del cuore; ma c’è spazio anche per le meteore Anna Maria Pancani e Sergio Raimondi, coppietta languida), in realtà, nelle mani dei prolifici Lucio Fulci e Sandro Continenza, diventa l’occasione per ragionare sui meccanismi della messinscena: tutti mentono o fingono di essere altri, la verità è un concetto buono solo per i puri di cuore, i puri sono generalmente fessi.

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Steno (ovvero Stefano… Vanzina!) dirige con la mano agile di chi sa esercitare la leggerezza del tocco, quasi mai uscendo dalle nicchie domestiche dove il teatro può esprimersi secondo il suo linguaggio. A differenza del contemporaneo Il segno di Venere, con cui condivide i tre nomi di punta, il tema “femminile” di costume (lì l’oroscopo, qui la posta del cuore; senza dimenticare le altri women’s comedy del periodo, da Le signorine dello 04 a Ragazze d’oggi) è affrontato con meno eleganza e più spudoratezza, come si conviene all’incontro tra tre supremi cinici come Sordi, Valeri e Fulci.

PICCOLA POSTA (Italia, 1955) di Steno, con Alberto Sordi, Franca Valeri, Memmo Carotenuto, Anna Maria Pancani, Peppino De Filippo, Sergio Raimondi, Nanda Primavera, Nietta Zocchi, Amalia Pellegrini, Vincenzo Talarico, Salvo Libassi. Commedia. ***

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